Pim, quando il successo è essere off
Diego Vincenti, «Hystrio», gennaio-marzo 2016.
La storia di un’anomalia. Di un esperimento in grado di divenire realtà solida, per certi aspetti seminale. Si sa, i compleanni sono il pretesto per fare i conti con sé stessi. Per tracciare bilanci. O forse semplicemente per festeggiarsi. La pubblicazione di Pim Off è un po’ tutto questo, all’interno di un volume ibrido dove, a fianco di saggi dallo spessore accademico, si ritrovano testimonianze di pancia; dove ci si lascia divertire dagli aneddoti, prima di soffermarsi sulle opinioni.
Un mosaico di firme e ispirazioni quello voluto dall’‘hystrionico’ Roberto Rizzente, affiancato dalla ex editor della Ubulibri Antonella Cagali. Nel tentativo di uscire dalla stretta apologia cronologica, approfondendo una serie di tematiche che hanno fatto la storia del Pim Off ma che molto appartengono all’identità di Milano. Prima fra tutte il rapporto fra cultura e periferia, bene analizzato anche nei suoi sviluppi storici dal saggio di Bruno Milone.
Il Pim (all’epoca senza Off) nasce infatti dalla lungimiranza di un mecenate, che crea un teatro ‘internazionale’ prima in via Tertulliano, poi nella più ampia sede di via Selvanesco, periferia della periferia. Un rapporto non facile. Ma è un aspetto fondante di questo (non) teatro a cui dà vita Maria Pietroleonardo nel 2005, facendo convivere prosa, performance, letteratura, danza, musica (il jazz, ma non solo). La sensazione è che una delle caratteristiche di questi dieci anni sia stata la capacità del Pim Off di essere all’interno dello spirito del tempo. E della città. Pur nell’anomalia di una struttura che poggia su un curioso caso di mecenatismo da Terzo Millennio. Un legame con la Milano capitale italiana dello spettacolo che sottolinea anche Salvatore Carrubba nella sua prefazione.
Il resto è poi affidato a saggi, testimonianze, a una breve sezione fotografica, ai tanti ricordi che si prestano alla mitologia: dalla fantascientifica toilette giapponese a un Franco Quadri coinvolto in una notturna pasta e cozze. Interessanti le interviste ai quattro direttori artistici che si sono succeduti: Massimo Bologna e l’idea del Pim Casa di Cultura, Edoardo Favetti, Barbara Toma, la stessa Pietroleonardo. Per un presente ancora da scrivere.